Gas, cosa c’è dietro l’accordo tra Russia ed Ucraina

Medvedev e Janukovic

Medvedev e Janukovic (RIA Novosti)

Con l’accordo stipulato ieri da Medvedev e Janukovic la Russia ottiene un importante successo militare, allontanando la NATO dall’Ucraina: fino al 2042, infatti, la flotta russa rimarrà di stanza sul Mar Nero, così scongiurando il rischio di uno “sfratto”, paventato dall’ex presidente filoamericano Viktor Jušchenko.
Un accordo non facile, quello firmato ieri, carico di dettagli che sono stati negoziati da Putin in persona, coadiuvato dal ministro degli Esteri Lavrov e da quello della difesa Serdjukov, e dal primo ministro ucraino Azarov in una riunione- fiume iniziata martedì e terminata, secondo quanto riportato dal quotidiano Kommersant, alle 3 di notte di mercoledì, a poche ore dalla firma.

Le reminiscenze con l’epoca sovietica del trattato russo-ucraino sono abbastanza evidenti, e come allora Mosca baratta la geopolitica con l’economia: l’Ucraina beneficerà infatti di un corposo sconto (del 30 per cento) sul gas acquistato dalla Russia, la quale in cambio  (ri)conquista uno spazio strategico che solo fino a pochi mesi fa sembrava ormai perduto.
Ancora una volta, come scrive il Kommersant, il gas si è rivelato l’arma in più del Cremlino per imporre la sua politica. Sembra infatti che la parte russa avesse imposto che lo sconto sul gas venisse direttamente legato all’accordo sulla base di Sebastopoli: in pratica, niente gas scontato senza  il placet di Kiev sulla base navale del Mar Nero.

La base sul Mar Nero

La base navale sul Mar Nero (RIA Novosti)

Uno scambio che comunque avrà il suo peso anche per le casse di Mosca: sulla fornitura non peseranno i dazi a cui avrebbe invece dovuto sottostare la Gazprom, e ciò comporterà per la Russia un minore gettito fiscale (-3 miliardi di dollari per il 2010, -4 per i prossimi nove anni).
Uno sforzo economico di cui oggi ha parlato anche Vladimir Putin: il premier ha definito lo sconto sul gas come il saldo della Russia per l’affitto della base di Sebastopoli. “Un caso unico”, l’ha definito Putin, che scherzosamente ha ammonito i partner commerciali di Mosca a non chiedere lo stesso trattamento.
In realtà la Russia è ben conscia che il prezzo pagato a Kiev è ben poco in confronto al peso strategico che andrà ad avere la flotta del Mar Nero nei prossimi tre decenni, posta a guardia dei confini meridionali del paese e soprattutto del futuro gasdotto South Stream.

L’accordo non prevede però al momento un ingresso della Gazprom nella gestione dei gasdotti ucraini, ma secondo il giornale on line Gazeta.ru il colosso energetico russo potrebbe accedere in un futuro molto prossimo alle infrastrutture ucraine, che necessitano di costosi interventi di ammodernamento che solo Gazprom può apportare.

Ora l’accordo è al vaglio della ratifica dai reciproci parlamenti: nessun problema all’orizzonte per Mosca, qualcuno in vista per Kiev, dove l’ex presidente Juschenko ha denunciato una palese violazione della Costituzione ed ha minacciato l’impeachment per Janukovic.

Accordo russo-ucraino su gas e flotta del Mar Nero

Un successo per Janukovic, che in campagna elettorale aveva promesso di rinegoziare l’accordo, stipulato nel gennaio 2009 da Julija Timoshenko, giudicato troppo gravoso per le disastrate finanze ucraine.

In cambio, Janukovic ha concesso a Medvedev il prolungamento dell’affitto, in scadenza nel 2017, della base navale di Sebastopoli, in Crimea, dove è di stanza la flotta russa del Mar Nero.
L’importanza strategica della base di Sebastopoli è elevatissima per la Russia, in quanto è una sorta di porta per il Mediterraneo: grazie all’accordo stipulato oggi, la flotta del Mar Nero continuerà a restare nella sua storica base fino al 2042, con possibilità di prolungare l’affitto fino al 2047.

Lo stesso Medvedev si è mostrato soddisfatto dell’accordo siglato, ed ha sottolineato l’importanza della base per la sicurezza della regione. Il presidente inoltre ha annunciato che darà istruzione al ministro della Difesa ed al comandante della Flotta del Mar Nero di migliorare le infrastrutture della base, per renderla un volano di sviluppo per la Crimea.

Questa parte dell’accordo è però considerata dalle opposizioni come una chiara violazione della Costituzione ucraina. Mikola Tomenko, vicepresidente del parlamento e leader del partito dell’ex premier Timoshenko (BJT), ha evidenziato che l’articolo 17 della Costituzione vieta la presenza di basi militari straniere sul suolo nazionale: per consentire pertanto un prolungamento dell’affitto della base, sarebbe necessaria una modifica costituzionale e un referendum.

Janukovic dunque avrebbe violato una norma costituzionale, non avendo avuto in pratica i poteri di stipulare quell’accordo: per questo motivo dallo schieramento dell’ex presidente Jušchenko è arrivata anche una richiesta di impeachment.