Disastro di Smolensk, esplosivo tra i rottami dell’aereo presidenziale polacco?

La morte dell’ex presidente polacco Lech Kaczynski, scomparso il 10 aprile 2010 nel tragico schianto del suo Tupolev a Smolensk (Russia) dove si stava recando per rendere omaggio agli ufficiali polacchi uccisi dai russi a Katyn nel 1940, continua ad essere un nervo scoperto per la Polonia. Non bastassero le mai sopite polemiche tra il governo del premier liberale Donald Tusk e l’ex premier Jaroslaw Kaczynski, gemello di Lech e leader del partito nazionalista Legge e Giustizia, a proposito delle presunte responsabilità del governo nel disastro, a rendere il clima di Varsavia bollente ci si è messa anche la stampa: l’autorevole quotidiano Rzeczpospolita ha oggi rivelato che alcuni esperti, nominati dal governo polacco per prendere parte agli esami sui resti dell’aereo, avrebbero inviato ai vertici militari e allo stesso Primo Ministro un rapporto riservato relativo alla presenza di esplosivo su alcuni rottami del Tupolev. Continua a leggere

J. Kaczynski: su Smolensk Mosca ci prende in giro

I rottami del Tupolev 154

Smolesnk: i rottami del Tupolev-154

La morte del presidente polacco Lech Kaczynski, scomparso nel disastro aereo di Smolensk lo scorso 10 aprile insieme ad altri 95 passeggeri, fu causata da errori dei piloti: lo afferma la Commissione russa per l’Aviazione Interstatale in un rapporto reso pubblico ieri.
“La decisione di atterrare nonostante le pessime condizioni meteo si rivelò fatale – è scritto nel rapporto – . Eppure i piloti furono avvisati del pericolo ma ignorarono l’allarme, forse a causa della scarsa conoscenza del russo, forse per le pressioni in cabina del generale Blasik (Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica polacca, ndr)”.

In Polonia queste conclusioni non sono però piaciute. Jaroslaw Kaczynski, ex premier e candidato sconfitto alle ultime presidenziali, ma soprattutto fratello di Lech Kaczynski ha sostenuto in conferenza stampa che l’esito dell’indagine “è una beffa per il popolo polacco” . Secondo l’ex premier, la Commissione russa non avrebbe tenuto in debita considerazione molti fattori, incluso il fatto che un radiofaro a segnalazione della pista di Smolensk era in posizione diversa rispetto a come riportato dalle mappe.
Il leader dell’ultra-destra polacca non ammette nemmeno l’ipotesi di un condizionamento psicologico dei piloti da parte del generale Blasik, nè riconosce il perfetto funzionamento del jet, come invece rilevato dalla Commissione d’inchiesta russa: “C’erano molti dispositivi malfunzionanti, che potrebbero aver condizionato le operazioni di discesa”.
Di qui le accuse reiterate al governo, per la scarsa manutenzione effettuata sull’aereo: “Spettava all’esecutivo occuparsene. Non è stato fatto nulla”.

Successivamente è intervenuto anche il premier polacco Donald Tusk, che ha chiesto alla Russia di collaborare con gli esperti aeronautici di Varsavia per giungere ad una relazione sull’incidente predisposta da entrambi i paesi. Tusk ha però ammonito Mosca: in caso di un niet russo, Varsavia avvierà delle indagini in proprio, collaborando con esperti internazionali: “Questo perchè – ha affermato Tusk – non ci interessa raggiungere a tutti i costi un compromesso con la Russia: vogliamo solo conoscere la verità”.

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I rottami del Tupolev 154

I rottami del Tupolev-154

Nel punto dove sei mesi prima una pioggia sottile cadeva su di una massa informe di rottami fumanti, il 10 ottobre scorso duecento persone si sono riunite per ricordare le 96 vittime della tragedia aerea del 10 aprile 2010, quando il Tupolev-154 dell’Aeronautica Militare polacca, con a bordo il presidente Lech Kaczynski e una delegazione composta dai vertici dello Stato e dell’Esercito, precipitò in fase d’atterraggio a pochi metri dalla pista di Smolensk. Quel giorno Russia e Polonia avrebbero dovuto commemorare insieme le vittime del massacro di Katyn, dove nel 1940 migliaia di militari polacchi furono uccisi dalla polizia staliniana: per un’atroce beffa del destino, due popoli uniti da una tragedia si sono trovati settant’anni dopo a viverne insieme un’altra, nello stesso luogo. E adesso si trovano uniti anche nel tentativo di capire cosa è veramente accaduto quella mattina.

PILOTI OBBLIGATI AD ATTERRARE? – Le condizioni meteo sull’aeroporto di Smolensk erano pessime e tendenti al peggioramento quando il Tupolev decollò da Varsavia diretto verso la Russia occidentale. Mentre il jet presidenziale volava ancora nello spazio aereo della Bielorussia, la torre di controllo di Smolensk segnalò ai piloti pioggia, nebbia e visibilità minima sulla pista d’arrivo, e quindi consigliò di dirottare su Minsk, da dove la delegazione polacca avrebbe poi potuto raggiungere Katyn in macchina.
È a questo punto, secondo la Commissione russa per l’Aviazione Interstatale, che i piloti del Tupolev avrebbero informato della situazione i propri superiori presenti a bordo, e sarebbero stati da questi obbligati ad avviare lo stesso le manovre d’atterraggio, nonostante parere contrario dei controllori di volo russi: le prove di ciò sarebbero in una registrazione della scatola nera risalente a circa 20 minuti prima dello schianto, in cui si sente indistintamente una voce discutere con i due piloti. Qualcuno dunque era in cabina di pilotaggio prima dell’inizio delle operazioni di discesa? Chi? E per fare cosa?

Putin rende omaggio alla salma di Kaczynski

Putin rende omaggio alla salma di Kaczynski (RIA Novosti)

Edmund Klich, capo della Commissione d’inchiesta polacca sull’incidente, ritiene che quella fosse la voce del generale Blasik, Comandante dell’Aeronautica polacca, anch’egli facente parte della delegazione diretta a Smolensk: secondo Klich, il generale Blasik si sarebbe recato dai piloti solo per sincerarsi di cosa stesse accadendo. In un’intervista rilasciata a maggio al quotidiano polacco Rzeczpospolita, Klich ha affermato che, da quanto emerso dall’esame della scatola nera, la decisione di procedere all’atterraggio a Smolensk fu presa solo dai piloti, che ignorarono deliberatamente gli allarmi lanciati da terra.
Questa versione però contrasta con la ricostruzione mandata in onda lo scorso luglio dal canale televisivo polacco TVN24, secondo cui i piloti furono costretti a procedere all’atterraggio nonostante avessero ben presenti i rischi che quella manovra comportava: l’emittente cita fonti investigative russe, secondo cui dalle registrazioni si sentirebbe Arkadiusz Protasiuk, uno dei due piloti, pronunciare pochi secondi prima di schiantarsi una frase agghiacciante: “Se non atterriamo, ci ammazzano!”.
Protasiuk si riferiva forse al colloquio avuto con il generale Blasik poco prima? Michal Fiszer, ufficiale dell’esercito polacco e docente di strategia militare presso l’Università Collegium Civitas di Varsavia, sottolinea che ancora non si conosce il contesto in cui è stata pronunciata quella frase. “Bisogna capire se il pilota stava parlando con il suo co-pilota o no. Quando si trasportano esponenti politici – ha dichiarato a TVN24 – c’è sempre un’enorme pressione a bordo”.
Ma il sospetto che i due piloti abbiano avuto un preciso ordine di atterrare è forte: “Non potevano disobbedire al loro presidente”, ha scritto Waclaw Radziwinowicz, corrispondente da Mosca per la Gazeta Wyborcza, il quotidiano più diffuso in Polonia, lasciando intendere che l’ordine di atterraggio partì proprio da Lech Kaczynski.

Perché il presidente polacco si sarebbe rifiutato di procedere verso la Bielorussia? Probabilmente perché un atterraggio a Minsk avrebbe impedito alla delegazione polacca di giungere per tempo alle celebrazioni per Katyn, ma secondo Dmitrij Babic, commentatore politico dell’agenzia russa RIA Novosti, Kaczynski non voleva andare a Minsk per non dover chiedere una qualsiasi forma di soccorso al presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, con cui aveva pessimi rapporti politici e personali.

PISTA D’ATTERRAGGIO INADEGUATA – Anche se l’atterraggio venne tentato in condizioni meteo avverse, il disastro aereo di Smolensk si sarebbe potuto evitare se la pista dell’aeroporto, utilizzata prettamente per voli militari, fosse stata in condizione di accogliere jet grandi quanto il Tupolev-154: è questa l’opinione di alcuni giornali polacchi.
Lo scorso luglio il quotidiano Rzeczpospolita ha rivelato che le autorità russe non avevano concesso alcuna autorizzazione all’atterraggio dell’aereo presidenziale nel piccolo aeroporto militare di Smolensk, sebbene il Ministero degli Esteri polacco, già il 25 marzo, avesse comunicato a Mosca l’intenzione di avvalersi di quella struttura in occasione delle imminenti celebrazioni a Katyn, ed avesse ottenuto dai russi l’assicurazione che la pista sarebbe stata adeguata per permettere agli aerei polacchi di atterrare.
Secondo il giornale, la mancata concessione di quel permesso voleva dire semplicemente che far atterrare un Tupolev-154 su quella pista era impossibile: eppure, la mattina del 10 aprile l’Air Force One polacco decollò tranquillamente verso la Russia, nonostante due giorni prima Varsavia fosse stata informata che nessuna autorizzazione a far atterrare il Tupolev era stata rilasciata alla torre di controllo di Smolensk.

MAPPE DI NAVIGAZIONE SBAGLIATE – Riunitisi nell’Associazione Katyn 2010, i familiari delle vittime hanno intanto avviato delle indagini per conto proprio, che in estate hanno portato ad un’inquietante scoperta: la posizione di un radio-faro dell’aeroporto di Smolensk differirebbe da quella riportata sulle mappe-radar in dotazione al Tupolev precipitato.

Lech Kaczynski e Donald Tusk

Lech Kaczynski con Donald Tusk

“Un pilota dello Yakovlev-40 che quel giorno trasportò i giornalisti a Smolensk, e che atterrò poco prima dell’incidente, ha riferito che il radio-faro era collocato a 650 metri di distanza da dove la mappa in dotazione al suo jet indicava – ha dichiarato alla stampa un esponente di Katyn 2010 –. Siccome le mappe-radar in dotazione all’aeronautica polacca sono tutte uguali, è molto probabile che anche il Tupolev avesse a bordo una mappa sbagliata”.
Se ciò fosse vero, le decisioni prese dai piloti in fase di discesa potrebbero essere state seriamente condizionate da una diversa posizione del radio-faro e perfino dal suo malfunzionamento, di cui parlano alcuni media locali, secondo cui un guasto avrebbe provocato l’invio di segnali-radio ad intermittenza al Tupolev, cosa che avrebbe disorientato i piloti durante la fase di avvicinamento alla pista.
Per giunta, ai primi di settembre, il Procuratore militare Szelag ha riferito che, poche settimane prima del disastro aereo, il Ministero della Difesa aveva dato disposizione di sostituire il navigatore di fabbricazione russa del Tupolev con uno in dotazione ai velivoli NATO: esiste perciò anche il sospetto che il nuovo apparecchio possa aver fornito informazioni di volo sbagliate all’equipaggio.

“IL COLPEVOLE E’ TUSK” – A sei mesi dall’avvio delle indagini, comincia ad emergere un quadro fatto di manutenzione scadente e di incredibili superficialità amministrative da parte delle autorità polacche. Tanto che l’ex Primo Ministro Jaroslaw Kaczynski, fratello del presidente Lech, ha espressamente accusato l’attuale premier Donald Tusk di avere pesanti responsabilità per la morte dei 96 passeggeri: “Era ben nota al governo la pessima situazione in cui versava l’aviazione presidenziale – ha dichiarato durante una manifestazione in memoria di suo fratello –, ma non è stato fatto niente per cambiare le cose. È vero che quel giorno il tempo sulla pista era pessimo, ma è anche chiaro che se non ci fossero state queste carenze, l’incidente non sarebbe mai avvenuto”.

Lech e Jaroslaw Kaczynski

Jaroslaw Kaczynski (a destra) il gemello Lech

Poi un sospetto: “Sono state organizzate due cerimonie a Katyn, una a cui ha preso parte Tusk con Putin, ed una seconda a cui avrebbe dovuto partecipare il presidente Kaczynski. Perchè tenere due cerimonie separate a distanza di tre giorni?”.
Complotto o fantapolitica? Di certo, in questi mesi è venuto fuori dalle indagini qualcosa che, considerati i pessimi rapporti politici che correvano tra il defunto presidente e Tusk, conferisce alle parole di Jaroslaw Kaczynski il peso di un macigno.

Smolensk, J.Kaczynski attacca il governo Tusk

Lech Kaczynski e Donald Tusk

Lech Kaczynski con Donald Tusk

Mosca e Varsavia coopereranno ulteriormente nelle attività d’indagine sulla strage aerea di Smolensk dello scorso 10 aprile, in cui morirono 96 persone, tra cui il presidente polacco Lech Kaczynski e numerosi membri del governo e delle istituzioni polacche: lo ha dichiarato all’agenzia di stampa PAP il Procuratore Generale della Polonia Andrzej Seremet, annunciando che ad ottobre sarà firmato un memorandum d’intesa tra i due paesi coinvolti.

L’annuncio di Seremet arriva poche ore dopo il violento attacco rivolto dall’ex premier e candidato sconfitto alle presidenziali Jaroslaw Kaczynski all’attuale primo ministro Donald Tusk, accusato di essere corresponsabile del disastro aereo in cui morì suo fratello gemello.
Kaczynski ha denunciato la forte ostilità di Tusk verso suo fratello Lech, che avrebbe portato ad un sensibile abbassamento dei livelli di sicurezza nei confronti del presidente e di alcuni membri del governo.

Lech e Jaroslaw Kaczynski

Jaroslaw Kaczynski (a destra) il gemello Lech

Il leader di Diritto e Giustizia attacca in particolare il premier per le negligenze nelle attività di riparazione e manutenzione dell’aereo presidenziale (“La situazione era disastrosa e il governo lo sapeva, eppure non ha fatto nulla per porvi rimedio) e di non aver fatto le giuste pressioni sulla Russia per produrre maggiori prove sulle cause dell’incidente.
In precedenza, Jaroslaw Kaczynski aveva accusato Tusk di aver utilizzato, assieme ad “agenti russi”, l’anniversario di Katyn per sbarazzarsi di Lech Kaczynski (“Perchè le celebrazioni furono fissate in due distinte occasioni?”).

Intanto, Diritto e Giustizia sembra dividersi sull’atteggiamento del proprio leader e sembra sul punto di trovarsi con una guerra in casa: la scorsa settimana il partito ha sospeso un membro che aveva criticato l’atteggiamento troppo aggressivo di Kaczynski.