Il “lobbista” Saahasvili sbarca negli Stati Uniti

Tbilisi ha firmato un contratto con una influente società di lobbying americana, il Podesta Group, e, secondo quanto riferito, grazie a ciò il presidente Mikeil Saahašvili effettuerà la sua prima visita negli Stati Uniti dall’elezione di Barack Obama.

Secondo il sito Georgia on line, che cita oggi fonti americane, in aprile Mikeil Saahasvili incontrerà il presidente americano Barack Obama, il Segretario di Stato Hillary Clinton ed altri funzionari. Tuttavia, l’amministrazione del presidente georgiano ha confermato le informazioni sul viaggio, ma non ancora se in agenda è previsto un incontro tra i due presidenti.

Ieri, il sito di informazioni georgiano Civil.ge ha riferito che il contratto di sei mesi fra la Georgia e la società di lobbying è stato firmato in gennaio, ed ammonterebbe a circa 300mila dollari. L’affare sembra dare già risultati positivi per Tbilisi: Il quotidiano russo Kommerstant scrive che è proprio grazie alle pressione del Podesta Group che è stato raggiunto un accordo per un viaggio di Saahašvili a Washington.

Mikeil Saahashvili

Il presidente Mikeil Saahašvili

Una volta uomo di fiducia dell’amministrazione statunitense, frequente ospite sui canali televisivi occidentali, il Saahašvili che ha studiato in Occidente e che parla perfettamente l’inglese è stato visto come il volto della democrazia nello spazio post-sovietico. Almeno fino al 2008, quando poi ha perso punti presso le capitali europee dopo che il rapporto dell’UE sul conflitto nel Caucaso ha accusato la Georgia di essere all’origine della guerra in Ossezia del Sud.
Successivamente, il caldo rapporto di che esisteva fra Washington e Tbilisi si è raffreddato con la partenza di George Bush dalla Casa Bianca: Saahašvili non è stato invitato alla cerimonia di insediamento di Barack Obama nel 2009, e finora i due non si sono mai incontrati ufficialmente.

Le relazioni diplomatiche con il vicino russo, per nulla migliorate da quando Saahašvili è salito al potere dopo la Rivoluzione delle Rose nel 2003, sono state addiritture rotte dopo la guerra del 2008. Il presidente russo Medvedev ha dichiarato che le porte di Mosca restano chiuse per Saahašvili: “Personalmente, non farò alcun affare con l’attuale presidente della Georgia”, ha dichiarato Medvedev, a margine del suo incontro con il presidente dell’Abkhazia. “Per la Federazione Russa è considerato persona non gradita“.

Nel frattempo, i capi di opposizione georgiana sono diventati ospiti abituali

Nino Burjanadze

Il leader dell'opposizione Burjanadze

della capitale russa. L’ex Primo Ministro georgiano Zurab Noghaideli, secondo quanto riferito, è partito da Tbilisi per un viaggio di due giorni a Mosca, dove è in programma una riunione con la leadership russa. È il suo quarto viaggio a Mosca dal dicembre scorso.
Inoltre, la settimana scorsa, un’ altra leader dell’opposizione georgiana, l’ex presidente del Parlamento Nino Burjanadze, ha visitato Mosca ed ha incontrato il Primo Ministro Vladimir Putin ed il presidente della Duma Boris Gryzlov.

Irritato per queste notizie, Saahašvili ha accusato i capi dell’opposizione di andare contro gli interessi georgiani: “C’è gente in Georgia il cui odio verso le autorità del Paese già si è trasformato in odio verso la loro propria gente. E’ gente questa pronta a consegnare la Georgia alla Russia, come è accaduto nel 1921”, ha dichiarato Saahašvili ieri, secondo l’agenzia Interfax. “Non saremo mai parte della Russia. Siamo invece pronti a diventare parte, indipendente e libera, dell’ Europa”, ha aggiunto.

Se Europa sia poi pronta ad accogliere la Georgia è ancora una questione aperta. Ciò che è chiaro è che la dirigenza georgiana è interessata alla propria immagine all’estero, ed è pronta ad avvalersi delle società di lobbying anche nei confronti dell’UE.

Il contratto con il Podesta Group peraltro non è l’unico di questo genere firmato da Tbilisi: per esempio, a gennaio, è stato siglato un accordo da 430mila dollari con la Gephardt, società molto vicina ai Democratici USA, ed all’Amministrazione Obama: buoni rapporti che potrebbero essere utili al governo georgiano, che vuole il sostegno degli Stati Uniti sia per il suo ingresso nella NATO, sia per le sue politiche in chiave anti-russa.

La Russia sospende la vendita degli S-300 all’Iran

Con un secco comunicato, il governo russo ha annunciato ieri la sospensione della fornitura all’Iran di un sistema missilistico di difesa antiaerea. Il motivo sarebbe dovuto a non precisati problemi tecnici, che richiederebbero uno slittamento dei tempi di consegna, che però non vengono in alcun modo menzionati.

Il fatto che tale dichiarazione arrivi all’indomani della visita a Mosca del premier israeliano Benjamin Netanyahu autorizza a pensare che a ritardare la vendita dei missili all’Iran non sia un problema tecnico, bensì politico.

Netanyahu aveva infatti annunciato, prima della sua partenza per la capitale russa, di voler far pressioni su Medvedev e Putin affinchè desistessero dal dotare Teheran dei sofisiticati missili antiaereo russi S-300: un simile sistema di difesa è infatti molto temuto dall’aviazione di Tel Aviv, nell’ottica di un eventuale blitz contro le centrali nucleari iraniane.

Mosca dunque prende tempo, perchè dal canto suo si trova in una difficile posizione, vista l’esigenza di mantenere buone le relazioni sia con Israele e soprattutto con l’Iran: proprio lì tecnici di società russe sono  impegnati in programmi di cooperazione tecnica per la costruzione di centrali nucleari da impiegare a scopo civile, e lo stesso Medvedev ha più volte ribadito di essere contrario a sanzioni che vadano a colpire il Paese, dicendosi disponibile ad avallare invece azioni che vadano a danneggiare gli organismi direttamente coinvolti nel programma  nucleare ad uso bellico.

La clamorosa decisione del governo russo apre diversi scenari: una prima ipotesi, piuttosto remota, potrebbe essere l’imminenza di un blitz aereo isrealiano, ma ciò significherebbe per Mosca inimicarsi il regime degli Ayatollah, con conseguenze economiche e politiche che al Cremlino non converrebbero.
La seconda ipotesi è stata avanzata dal direttore del Centro Studi per il Medio Oriente, Evgenij Satanovskij, secondo cui, dietro questo misterioso rinvo della fornitura ci sarebbe un accordo segreto tra Russia e lo Stato ebraico: proprio per salvaguardare i propri interessi economici nella regione mediorientale, la Russia si farebbe garante per la stipula di un patto reciproco di non aggressione tra Israele ed Iran.

E a Mosca Berlusconi diventa un cartone animato

Dal presidente operaio al presidente cartoon:  alla poliedrica vita professionale di Silvio Berlusconi mancava solo questo, e a colmare la lacuna ci hanno pensato in Russia, dove il premier italiano è ormai di casa.

Due immagini di Berlusconi nel programma sulla TV russa

Due immagini di Berlusconi nel programma della TV russa (Fonte: 1 Kanal)

La caricatura in versione cartone animato di Berlusconi è ormai una presenza fissa di Mul’t Lichnosti, programma satirico che va in onda la domenica sera su Pervyj Kanal, il primo canale della tivù pubblica russa, e che vede protagonisti i leader mondiali, da Obama, alla Merkel, a Sarkozy (con l’immancabile Carla Bruni), senza dimenticare ovviamente Medvedev e Putin.

Putin, Obama e Medvedev

Putin, Obama e Medvedev in versione "cartoon"

La trasmissione si diverte a prendere in giro i grandi del mondo attraverso le loro debolezze, e, nel caso di Berlusconi, il premier viene ritratto come un “dongiovanni” che cerca di conquistare tutte le belle donne che incontra senza però sortire particolari successi, oppure come un buontempone completamente disinteressato alle questioni politiche internazionali, che liquida tutte con risate e battute ironiche.

Ad esempio, lo sketch andato in onda lo scorso 17 gennaio mostra Berlusconi che, per scusarsi di essere arrivato in ritardo ad una cena istituzionale con Hillary Clinton, comincia ad adulare il Segretario di  Stato americano con frasi amorose: la tattica però non riesce perchè la Clinton, prima di alzarsi ed andarsene stizzita, risponde: “Signor Berlusconi! Il mio cuore è già impegnato con qualcun altro!”.
Rimasto solo al tavolo, il nostro premier non si perde d’animo e comincia nuovamente a sfoggiare il suo repertorio di “latin lover” con la dama seduta al tavolo accanto, che per la cronaca è il primo ministro ucraino Julija Timoshenko, anche lei però poco interessata ai complimenti di Berlusconi.

Nicolas Sarkozy e Carla Bruni

Nicolas Sarkozy e Carla Bruni

Nella puntata  del 27 dicembre, invece, Berlusconi arriva con Sarkozy al Cremlino, dove Medvedev e Putin attendono i vari Capi di Stato per la festa di fine anno: i due padroni di casa ricevono gli ospiti ringraziandoli per i “terrificanti” regali ricevuti (come l’orrendo paio di scarpe che Obama regala a Medvedev, che risponde con un glaciale “grazie”), ma soprattutto cercano di gestire la presenza di soggetti imbarazzanti, come il presidente bielorusso Lukashenko, o con cui Mosca ha dei contenziosi, come l’ormai ex presidente ucraino Juschenko.
A provare ad “allietare” una serata che sembra estremamente piatta ci pensa però Silvio, che accompagna l’arrivo di tutti gli invitati con battute e risate spesso fuori luogo, tanto che Medvedev e Putin ogni volta si guardano l’un l’altro per capire cosa abbia da ridere il primo ministro italiano.

Mul’t Lichnosti in russo vuol dire “Animazione della Personalità”, ed è un chiaro riferimento al termine Kul’t Lichnosti, il “Culto della Personalità” di staliniana memoria, di cui spesso viene accusato Putin dai suoi avversari: proprio per questa sua irriverenza verso il potere, la trasmissione è comunque già diventata un caso politico in Russia.
Erano infatti anni che sulla TV russa non si vedeva un programma capace di mettere alla berlina i potenti, tanto che non pochi addetti ai lavori parlano esplicitamente di un “allentamento” delle tenaglie sui media da parte del governo.

L’ultima trasmissione a fare il verso a Putin e compagni era stata Kukly (Pupazzi), in onda sull’emittente privata NTV fino al 2002.

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Mosca venderà armi alla Libia per 1,3 miliardi di euro

La Russia ha firmato un contratto per una fornitura militare alla Libia pari a 1,3 miliardi di euro. Lo ha annunciato questo pomeriggio lo stesso primo ministro Vladimir Putin, al termine di un incontro di lavoro tenuto presso la sua dacia di Novo-Ogarevo con Vladimir Goropedckij, direttore generale della Izmash, la più grande azienda militare russa specializzata in forniture militari.
Putin ha voluto sottolineare che il contratto non riguarda esclusivamente armi da fuoco, lasciando sottintendere che la Libia del colonnello Gheddafi avrebbe inoltre acquistato equipaggiamenti e tecnologie militari, anche questi costruiti e venduti all’estero dalla Izmash.
Tripoli è comunque un “cliente di vecchia data” di Mosca: negli anni Settanta ed Ottanta l’URSS ha venduto alla Libia dispositivi militari, armi  ed aerei MIG, ottenendo spesso in cambio la disponibilità all’utilizzo di basi militari in territorio libico.

DAGLI ZAR A VLADIMIR PUTIN. La Izmash può essere effettivamente considerata un “marchio storico” dell’industria militare russa, in quanto ha accompagnato per oltre due secoli le vicissitudini belliche del Paese: nacque infatti nel 1807 proprio per volontà di Alessandro I, che voleva dotare l’esercito imperiale dei più moderni armamenti per fronteggiare l’espansionismo di Napoleone.
In epoca sovietica, dalla fabbrica uscirono centinaia di carri armati modernissimi che permisero all’Armata Rossa di arginare l’avanzata tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, e di capovolgere le sorti del conflitto.
Negli anni del dopoguerra la Izmash è entrata nella storia per la produzione del fucile d’assalto AK 47, meglio noto come “Kalashnikov”, arma dalla tecnica rivoluzionaria, ancor oggi la più diffusa al mondo nella sua categoria: 100 milioni di esemplari prodotti dal 1949, è in dotazione alle forze armate almeno 50 paesi, e purtroppo utilizzata anche da gruppi terroristici ed organizzazioni criminali.