Violenti scontri nelle regioni sud-orientali, il Tajikistan è in fiamme

Il Tajikistan brucia: da una settimana la cittadina sud-orientale di Khorog, capoluogo della regione autonoma del Gorno-Badakhshan, è teatro di un’azione posta in atto dalle truppe governative che, stando a fonti ufficiali tagike, sarebbe rivolta contro esponenti della mafia locale, che il 21 luglio scorso avrebbero compiuto un attentato mortale contro un alto ufficiale delle forze di sicurezza della regione. Il governo di Dushambe ha subito puntato l’indice verso le milizie del signore della guerra Tolib Aijembekov, a capo di un gruppo criminale dedito al traffico di armi e droga provenienti dal vicino Afghanistan: martedì scorso l’esercito regolare tagiko ha lanciato una violenta offensiva a Khorog, che finora, secondo fonti ufficiali avrebbe portato all’uccisione di 30 guerriglieri e all’arresto di altri 40, molti di nazionalità afghana. Ma l’opposizione tagika smentisce questa versione : il blitz contro i signori della guerra avrebbe finora provocato almeno 200 morti tra la popolazione civile, e nasconderebbe in realtà un tentativo del presidente-autocrate Emomali Rakhmon di indebolire l’opposizione, che nelle regioni sud-orientali del Tajikistan ha un forte seguito. Molti attivisti denunciano anche l’oscuramento di YouTube, da ieri inaccessibile, dove nei giorni scorsi erano stati caricati molti video amatoriali girati a Khorog, che mostravano come l’azione dei militari non fosse diretta solo a colpire le mafie locali. E non è la prima volta che internet finisce nel mirino del governo: a marzo furono oscurati (per oltre una settimana) numerosi siti d’informazione vicini all’opposizione. Non sfuggì alla censura nemmeno Facebook, dove gli attivisti avevano aperto pagine web molto critiche verso l’autoritarismo del presidente Rakhmon, che detiene il potere ininterrottamente dal 1992.

E sempre ieri Ikbolsho Muborakshoev, uno dei principali oppositori del presidente, ha inviato una lettera a Vladimir Putin, appellandosi perchè la Russia assuma un ruolo di mediatore nella crisi, in grado di spingere le parti al dialogo.